STIAMO A GUARDARE?
Nel consiglio comunale del 29 aprile scorso è stata discussa un’interrogazione, presentata dal collega Alfredo Castaldo. L’interrogazione chiedeva come affrontare situazioni di rilevante difficoltà a pagare la retta alla casa di riposo Santanera e faceva due casi. Uno si è risolto quando l’interessata è stata ammessa al contributo regionale per le persone non autosufficienti che copre la metà del dovuto. Per ottenerlo, però, la persona ha dovuto lasciare il Santanera in quanto il posto sovvenzionato era disponibile solo presso altra struttura. Il secondo è ancora aperto. In entrambi i casi, la richiesta di un contributo economico forfettario fatta al Comune per affrontare l’emergenza è stata rifiutata, nonostante la presenza a bilancio di uno stanziamento mai usato negli ultimi anni.
LA RISPOSTA DELL’AMMINISTRAZIONE
La risposta dell’amministrazione è arrivata dal sindaco. Ha dichiarato essersi attivato per risolvere il primo problema sollecitando l’ammissione della persona alla graduatoria per il contributo regionale. Per il secondo, situazione dove l’Asl ha smesso di pagare un contributo a sostegno di una persona disagiata, ha lamentato che il Comune sia stato avvisato in ritardo ed ha invitato la casa di riposo ad intimare all’Asl di riprendere il pagamento, pena la cessazione del servizio a favore della persona interessata.
MANCANO SENSIBILITA’ E VISIONE DI FUTURO
Credo che la risposta dimostri tutta la mancanza di visione futura dell’amministrazione. Ammettiamo pure che il sindaco abbia sollecitato l’Asl a mettere in graduatoria per il contributo regionale una persona. L’ammissione viene fatta dall’apposita Unità di valutazione geriatrica che si basa in primo luogo sul grado di non autosufficienza e sul bisogno economico. E’ andata bene che si sia liberato un posto e che la signora che ne aveva bisogno abbia potuto beneficiarne grazie al suo punteggio. E se il punteggio fosse stato più basso? E se ci fossero stati altri casi di bisogno davanti? Sono anni che le persone perdono reddito. Le classi medio basse. Ci sono tanti anziani con pensioni da fame e risparmi modesti. Aumenteranno i casi difficili? E’ probabile. Cosa faremo? Staremo a guardare? Faremo finta di niente? Serve un coordinamento tra Casa di riposo, Opera pia S. Elena, Cogesa, Asl, volontariato e Comune per aiutare chi si trova in situazioni difficili, anziano o giovane, valutandole a 360 gradi. Una necessaria collaborazione tra enti per evitare dispersioni e sovrapposizioni. Mettere insieme le forze. Non si può ridurre chi è in difficoltà ad un fatto contabile. Lo consideriamo semplicemente un costo di bilancio, quindi una voce fastidiosa. Meglio che ci pensi qualcun altro. In realtà, è una persona con un suo equilibrio che va rispettato. In particolare, se è una persona debole, per età o condizione. Anche questo significa fare comunità veramente. Non è fare comunità eccepire, come è successo in consiglio comunale da parte dell’amministrazione, che la persona che chiedeva aiuto non era neanche originaria di Villafranca. Quindi, cosa volete che spendiamo soldi? Nello stesso tempo, il costo economico di chi non riesce a pagare la retta mensile al Santanera non può essere scaricato sulla stessa Casa di riposo, ente con un bilancio da sempre fragile. L’anziano merita rispetto. O dobbiamo ridurci a pensare che gli anziani della casa di riposo vanno poco o nulla a votare e pertanto non sono degni di considerazione? Mi piacerebbe capire cosa è in grado di fare il Cogesa, il consorzio per i servizi socio assistenziali, visto che costa ben 62 mila euro all’anno alle casse comunali. Perché non se ne discute mai in modo aperto? Con i dati di dove vanno a finire i soldi dei Comuni e dei risultati ottenuti. Servono servizi a domicilio, gestiti dalla stessa casa di riposo, per favorire la permanenza delle persone a casa loro. Con la necessaria assistenza e a costi più bassi rispetto all’inserimento in struttura. La Casa di riposo deve diventare un centro di servizi a favore di bisogni diversi. La struttura deve servire in primo luogo per i non autosufficienti o comunque per chi ha problemi che rendono non possibile la vita autonoma. Abbiamo bisogno di soluzioni abitative a canoni convenzionati, per dare un’alternativa a chi non ha casa sua e non può rivolgersi al mercato. I soldi che il Comune può mettere nel sociale devono essere destinati ai veri casi di bisogno, in un sistema che deve essere il risultato di un progetto complessivo dove ci sia chiarezza di diritti e doveri. Perché sono i soldi di tutti. Non l’erogazione a pioggia o il contributo tanto per togliersi il fastidio. Servono operatori sociali che lavorino sul territorio: cioè persone capaci, anche volontari formati in modo adeguato, in grado di seguire le persone in difficoltà. Perché il sociale non si fa dietro una scrivania.