Le Unioni di Comuni che fine hanno fatto?
Nelle recenti elezioni comunali, l’argomento è stato trascurato.
Ci torno perché credo sia importante. Credo sia necessario chiedersi se i piccoli paesi vogliono condannarsi al declino o vogliono cercare soluzioni dal basso. Alla nostra portata. Sviluppo non si fa con qualche opera pubblica, magari di dubbia utilità o senza chiedersi il rapporto tra costi e benefici. Tanto magari sono fondi europei. Sviluppo si fa se la Comunità partecipa e decide la costruzione del suo progetto di futuro, accettando gli inevitabili cambiamenti.
Le Unioni sono nate oltre vent’anni fa. Non sono mai entrate nella percezione della gente. Molti cittadini non conoscono nemmeno la loro esistenza.
Alcune sono nate e morte, come il Pianalto astigiano. Oppure la Colli Del Monferrato, che nelle parole di governava allora doveva essere il meglio del meglio e si è poi dimostrata priva di ogni consistenza. Altre hanno subito secessioni, come la Valtriversa che prima ha visto andarsene Ferrere e poi Villafranca e Baldichieri.
Perché sono nate? Lo scopo del legislatore era favorire l’accorpamento spontaneo e graduale dei piccoli Comuni. L’Unione è un ente di secondo livello, dove gli amministratori non sono eletti direttamente dai cittadini ma provengono da quelli già eletti nei singoli Comuni, che mantengono la loro autonomia. Nell’Unione vanno solo alcune funzioni dei Comuni. Quindi dovrebbero essere una palestra per organizzare un unico nuovo modello di gestione sovracomunale che superi quelli che ogni paese si era dato nel tempo.
Quando entrare in Unione significava portare a casa sostanziosi contributi regionali e statali, tanti Comuni volevano associarsi. Quando i finanziamenti sono finiti o comunque si sono fortemente ridotti, la musica è cambiata.
Perché?
Bisognava scegliere di mettersi insieme sul serio.
Ho fatto parte prima del consiglio della Valtriversa e poi dell’Unione Colli del Monferrato, nata dalla secessione di Villafranca e Baldichieri, sempre come rappresentante dell’opposizione. In quindici anni, ho visto manifestarsi tutte le difficoltà. Il prevalere dei campanilismi. Mettersi insieme, da molti amministratori, era visto come una perdita di risorse e di potere a favore di altri paesi. Non si ragionava come amministratori di zona ma come “difensori” del proprio Comune. La modesta voglia di collaborare era la logica conseguenza. Tra gli stessi sindaci. Non in tutti ma nella maggior parte. I semplici membri del consiglio contavano poco o nulla. Poi, se all’Unione non ci credevano gli amministratori, era difficile pensare che ci credessero i dipendenti. Poca voglia di cercare strategie comuni sui problemi. Poca attenzione a rendere omogenee le regole. Nessun tentativo di creare nuovi servizi per i cittadini. Nessuna attenzione a coinvolgere e informare i cittadini su quanto si poteva fare o si stava facendo. L’Unione rimaneva solo il veicolo per avere qualche finanziamento o un fatto amministrativo. Cioè quello che prima veniva fatto dal singolo Comune veniva fatto sotto il nome dell’Unione ma il risultato non cambiava. Unico tentativo di fare un vero servizio unito: i vigili della Valtriversa, voluto più che altro dalla caparbietà del loro primo responsabile, Pasquale Campanile, più che dalla convinzione delle amministrazioni dell’epoca. Tentativo poi abortito perché i vigili erano considerati solo un costo ma facevano gola le multe che gli autovelox potevano fornire. L’idea di migliorare la sicurezza con un controllo del territorio fatto da personale locale, preparato e conosciuto dalla popolazione e capace di parlare con i cittadini, non ha mai fatto breccia nella maggioranza degli amministratori.
Non ho elementi per dire se dal 2019 sia cambiato qualcosa ma non credo. Da cittadino non ho percepito nulla. La Valtriversa dice di aver specializzato ogni municipio a svolgere per tutti i paesi determinate funzioni. Bene. Ma questo era un risultato che si doveva raggiungere anni fa.
Sono sempre stato contrario alla rottura della Valtriversa perché ho sempre sostenuto che i piccoli Comuni, da soli, non hanno alcun futuro. Non hanno alcun peso politico. Hanno pochi mezzi. Mancano di figure professionali importanti nel loro organico. Era contrario alla rottura anche l’amico Angelo Benotto, persona che si è spesa molto nel volontariato e che tanti di voi hanno conosciuto. Era stato l’inventore del termine e del concetto di Valtriversa perché aveva capito prima di tutti che dovevamo essere popolazione di un territorio più ampio, accomunato dalla storia e da una omogeneità geografica. Lui, a suo modo, aveva messo insieme i paesi in qualcosa che è durato anni: le sagre durante la festa del “settembre villafranchese” e il periodico “Triversa”, l’unico vero giornale di informazione che il territorio abbia mai avuto.
Anche Villafranca è un piccolo Comune, che da anni perde abitanti. Quanto conta un piccolo Comune davanti all’Asl, al Cogesa, al Consorzio Rifiuti? Per fare qualche esempio. Quale innovazione reale riesce a produrre un piccolo Comune? Nel 1990, con altri piccoli Comuni, senza che esistessero le Unioni, ci eravamo inventati da zero la raccolta differenziata dei rifiuti. I mezzi erano pochi ma c’era molta voglia di vera politica. E i risultati sono arrivati.
Cosa bisognerebbe fare?
In primo luogo, le strutture dei singoli Comuni dovrebbero realmente fondersi per intero e lavorare in un sistema totalmente integrato. Senza quelle inutili spartizioni: qualche ora lavoro per il Comune e qualche altra per l’Unione. Burocrazie senza senso.
Gli amministratori dovrebbero guardare ai bisogni della zona perché i problemi non si fermano ai confini del piccolo paese. Come potrebbero farlo? Prima dovrebbero conoscere gli altri paesi. Come sono organizzati i Comuni, quali risorse hanno, le problematiche aperte, quali realtà sociali e di volontariato sono attive. Poi bisognerebbe chiedersi quali sono i bisogni della cittadinanza. Raccogliere proposte con incontri pubblici diffusi con possibilità di dibattito. Magari anche un sondaggio organizzato capillare aiuterebbe molte persone a esprimersi. Democrazia dal basso: quello che ci siamo dimenticati da troppo tempo.
Qualche proposta sui temi?
Avremmo bisogno di incentivare le pratiche per non produrre rifiuti.
Servirebbero più servizi per gli anziani. Una vera assistenza domiciliare. Accompagnamenti alle visite mediche che non siano solo trasporti ma anche capacità di seguire e gestire i bisogni dell’anziano solo. Corsi di formazione per badanti, settore “grigio” dove c’è troppa improvvisazione.
Casa di riposo e asilo non servono solo al paese che li ospita: servono anche i Comuni vicini. Se vogliamo che restino servizi sociali reali e non vengano dati al privato che vuole solo guadagnare, e magari per ottenere un guadagno non esita a ridurre la qualità dei servizi, devono essere sostenuti e gestiti con il sostegno di tutti i Comuni della zona.
Incentivare il volontariato dei singoli paesi a lavorare su progetti comuni.
La ricerca di posizioni condivise all’interno degli enti di rilievo provinciale. Penso in particolare a Asl, Cogesa, Consorzio Rifiuti, Gaia.
Una politica urbanistica unica per evitare che da qualche parte sorgano capannoni dove c’erano prati e da altre parti ci siano capannoni vuoti.
Facilitazioni e incentivi per favorire l’uso reciproco delle strutture pubbliche esistenti perché spesso bastano pochi minuti per raggiungere il paese vicino.
Regole e tariffe omogenee perché i cittadini di una zona siano trattati alla stessa maniera.
L’obiettivo dovrebbe essere gli stessi servizi con la medesima qualità per tutti i paesi che compongono l’Unione. Questo va fatto percepire ai cittadini con un’informazione costante e oggettiva. Accettando anche il confronto con le diverse opinioni. Non con comunicati stampa che. al massimo, sono semplice propaganda interessata. A tale scopo, un sito internet ricco di contenuti e dove ci sia spazio anche per gli interventi dei cittadini sarebbe un primo passo interessante.
Ci vorrà del tempo?
Si. Abbiamo perso molti anni e ora servirebbe recuperare. Le spaccature sono stati gravi errori.
Ci saranno risparmi economici?
Credo sia possibile, quando le strutture comunali si saranno effettivamente integrate. Ma oltre ai possibili risparmi dovremmo considerare quanta quantità e qualità in più avranno i servizi per i cittadini.
E Villafranca? Tornerà in qualche Unione?
Non si sa. Nessuno ne parla.