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mercoledì, 14 Maggio 2025

La casa di riposo Santanera a un passo dalla chiusura

Il Santanera rischia di affondare sotto un debito che si è formato dalla fine del 2020 in avanti. Le tante domande che rimangono senza risposta. Poco tempo per cercare soluzioni. Il coraggio delle dipendenti che dichiarano di essere rimaste sole a mandare avanti la struttura. Le proposte che "Villafranca Domani" aveva fatto anni fa di fronte a sintomi sempre più evidenti di fragilità dell'ente e a bisogni di assistenza che nel tempo si sono evoluti

La politica mostri volontà e si impegni per trovare una soluzione alla grave crisi della casa di riposo Santanera. È una battaglia che ci deve vedere uniti perché va a favore dei servizi assistenziali del territorio. Questo hanno chiesto Fabio Isnardi, consigliere regionale del PD eletto nello scorso maggio; Luca Quagliotti, Alessandro Delfino e Armando Dagna, segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, durante l’incontro pubblico, convocato dal Comune, il 9 ottobre scorso. La sala Bordone era piena, come si è visto di rado nella storia del paese: lavoratrici della struttura, parenti degli ospiti e cittadini.  Segno evidente che le notizie di prossima chiusura della casa di riposo hanno suscitato forti preoccupazioni.

Quagliotti ha ricordato che il Piemonte è carente di posti letto per l’assistenza agli anziani. Perché chiudere? Considerato che l’ente è una ex Istituzione di pubblica assistenza dove il Comune nomina il consiglio di amministrazione. Poi ha citato la positiva soluzione della crisi della casa di riposo di Rocchetta Tanaro con il sostegno del sindacato e la possibilità di coinvolgere Finpiemonte come garante.

Bruno Colombo, sindaco di Roatto e presidente della Valtriversa, Unione che raccoglie i Comuni di Roatto, Maretto, Cantarana, Monale, San Paolo Solbrito, Castellero e Cortandone, ha chiesto di “essere coinvolto” perché siamo davanti a un problema di territorio di cui nessuno lo aveva informato. Presente in sala, anche il sindaco di Cantarana, Roberta Franco, e il sindaco di Monale, Sergio Magnetti.

Di fronte a queste prese di posizione; alle lavoratrici che hanno già ricevuto le lettere di licenziamento per il prossimo 31 ottobre e con coraggio che merita rispetto hanno detto chiaramente di essere state lasciate sole a tenere aperta la struttura; ai parenti che avrebbero saputo della chiusura dai giornali e che non sanno come ricollocare i loro anziani, il sindaco Anna Macchia ha promesso che convocherà tutti gli esponenti istituzionali. Incontro poi fissato per il 17 ottobre.

Il tempo per trovare una soluzione è poco. Pochissimo. Lo hanno ricordato Isnardi e Quagliotti. Serve almeno un anno secondo Dagna. Il commissario del Santanera, Pietro Endrizzi, e il presidente della Pro Infantia, Stefano Amedeo Guslandi, ente del terzo settore che ha assunto il personale prima alle dipendenze della Kcs, consorzio di cooperative, hanno chiaramente detto che, senza 400 mila euro di nuova liquidità, avrebbero chiuso il Santanera. A cosa servirebbero questi soldi? A tacitare proprio Kcs che avrebbe un credito che, dai giornali, sarebbe di 900 mila euro. Chi li dovrebbe mettere? Sono falliti i tentativi di consegnare la casa di riposo per 30 anni a un gestore privato che si assumesse l’onere di tutto il debito. Gli imprenditori privati del paese non si sarebbero fatti avanti. Il Comune dice che non può mettere soldi. E allora? Per il commissario e per il presidente di Pro Infantia potrebbe metterli la popolazione con una sottoscrizione. Isnardi ha replicato che diventa difficile chiedere soldi a qualcuno se non gli dimostri di avere un progetto di rilancio credibile della casa di riposo. Personalmente, condivido. Se venisse attuata, sarebbe un obiettivo impossibile da realizzare in pochi giorni. Comunque di un livello molto difficile da raggiungere anche con un progetto. Improponibile senza una chiara idea di futuro. Siamo una zona di piccoli paesi.

E la Regione? Per Sergio Ebarnabo, consigliere regionale di maggioranza, non bisogna creare false aspettative. La Regione darà un aiuto a trasferire in altre strutture gli anziani. Atto, gli ha risposto Quagliotti, che sarebbe comunque un obbligo.

LA SERATA DEL 9 OTTOBRE E’ SERVITA?

La serata del 9 ottobre è servita? Se porterà finalmente a una gestione politica della crisi con l’obiettivo di salvare il Santanera e il suo ruolo di servizio pubblico sarà stata un bene. Nonostante sia stata una scelta fatta in grave ritardo. È servita a informare la popolazione e a chiarire le tante legittime domande sulla vicenda? Poco. Per oltre due anni è mancata una comunicazione alla cittadinanza su come si stesse evolvendo la situazione. Durante la serata sono stati forniti pochi dati senza un adeguato approfondimento. Sono state dette cose già anticipate dai giornali. Allora perché è stata fatta? È una mia opinione: credo sia stata fatta solo per mettere il paese davanti al fatto compiuto che la casa di riposo chiudeva. Poi, lo sviluppo della serata ha costretto il Comune a proporre di rimandare il tema al tavolo della politica.

Qualche giorno dopo la riunione, dai giornali apprendiamo che Pro Infantia resterebbe fino a fine novembre. Un mese in più ma sempre poco per trovare una soluzione positiva. Perché questa fretta di andarsene? Da quanto emerso nella riunione, Pro Infantia non ha mai detto di avere crediti insoddisfatti. Quindi avrebbe sempre percepito il compenso richiesto. Dall’assemblea è emerso che la gestione ordinaria oggi sarebbe in equilibrio. Quanto costa oggi Pro Infantia al mese? A quanto ammontano gli incassi mensili delle rette? Ci sono crediti verso l’Asl per gli ospiti in convenzione?

LE PROPOSTE DI “VILLAFRANCA DOMANI”

A cosa è servito il commissariamento? Credo avesse un solo obiettivo: verificare se c’era un privato disponibile a prendersi la struttura e il suo debito e, in caso negativo, portarla alla chiusura. Sono state esplorate strade diverse? Non credo. Già anni fa “Villafranca Domani” evidenziava i pericoli di una crisi e aveva fatto proposte alternative. Eliminare l’inutile e costosa intermediazione di manodopera fatta dalle cooperative e assumere direttamente il personale. Ricercare collaborazioni con altre case di riposo per arrivare a un consorziamento. Dare risposta ad altri bisogni. Quali? Ospitare disabili. Creare mini alloggi per chi ancora autosufficiente voleva rimanere indipendente ma usufruire dei servizi della struttura. Fornire assistenza domiciliare agli anziani che vogliono rimanere a casa. Aprire i propri servizi alla cittadinanza (ad esempio, infermeria, palestra, pasti, spazi per i medici di famiglia e medici specialistici). Sarebbe servito per diversificare le entrate. Poi, bisognava coinvolgere nella gestione almeno i Comuni della Valtriversa.

COME SI E’ FORMATO IL DEBITO DEL SANTANERA?

Durante la riunione e sui giornali, è stato ripetuto più volte che il macigno sulle spalle del Santanera sarebbe il debito di circa 1,6 milioni di euro, scoperto dal commissariamento. Da cosa deriva questo debito? È un fatto noto che circa 700 mila euro siano il residuo di un mutuo fatto ad inizio degli anni duemila per finanziare l’ultima ristrutturazione e poi aumentato per acquistare i fabbricati adiacenti alla sede in via Roma dagli eredi della signora Venturello. Oltre ai terreni compresi nell’eredità. Operazione costata poco più dI 450 mila euro. I fabbricati dovevano servire per un ampliamento della struttura e quindi aumentare le entrate. Peccato che dall’acquisto siano passati 17 anni. Un progetto completo per la ristrutturazione è stato fatto solo nel 2019: con troppo ritardo e preventivando un investimento tutto da finanziare di tre milioni di euro. Troppo alto per un ente che già allora era fragile. Perché i consigli di amministrazione di quegli anni, sempre nominati dal Comune, non si sono mossi prima e non sono stati sollecitati a farlo? Il resto del debito sarebbe quanto rivendicato da Kcs, consorzio di cooperative subentrato a Socialcoop negli ultimi mesi del 2020, per la gestione dei servizi e del personale. Quanto costava Kcs al mese? Nel 2021 era stata dichiarato il dato di 63 mila euro mensili.  È rimasto quello?  Come è maturato il suo credito? Secondo quanto affermato dallo stesso commissario durante la riunione, Kcs voleva un canone commisurato alla piena occupazione dei posti in struttura anche se in realtà gli ospiti erano molti meno. Pertanto, se ho compreso correttamente, lui stesso avrebbe deciso di pagare a Kcs solo acconti. Non mi è chiaro. Significa che ha tentato di rinegoziare il contratto in essere? Con quali risposte? Perché l’ente ha accettato a suo tempo condizioni che sembrerebbero così onerose? Forse, perché si è trovato solo in piena emergenza per la pandemia. Era proprio il 2020. In quella situazione di crisi, è facile pensare che, da solo, non avesse la forza politica di contrattare. Questo potrebbe anche spiegare perché l’ente pagò per intero le spettanze di Socialcoop che se ne andava. Magari facendo uno sforzo che drenava le sue residue risorse finanziarie in un momento con ospiti ridotti e conseguenti entrate ridotte. Saldare Socialcoop avrebbe richiesto un piano di pagamenti maggiormente dilazionato nel tempo. Ma dopo? Un debito di 900 mila euro non si forma in pochi mesi. Ribadiamolo perché sui giornali e sui social sono anche uscite notizie e considerazioni fuorvianti: la gestione Kcs è iniziata alla fine del 2020. Non prima. Quindi il debito verso questo soggetto può solo essere maturato da allora in avanti. L’ultimo consiglio di amministrazione prima del commissariamento ha assunto iniziative per ridurre le pretese di Kcs? Perché non si sono scelte strade e formule diverse?

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