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giovedì, 25 Aprile 2024

Non diamo per scontato che l’acqua rimanga pubblica

ACQUA BENE DI TUTTI

Quale futuro per l’acqua nel nostro territorio? Immagino che qualcuno si chiederà: che domanda è? Lo comprendo. L’acqua è una di quelle cose che tanti di noi danno per scontata. Il relativo benessere di cui godiamo ci ha abituato a questo. C’è. Perché preoccuparsene? L’acqua è un argomento di cui si è parlato un po’ nel 2011, all’epoca del referendum che bloccò la privatizzazione di questo importante bene pubblico. Poi? Tutto è tornato nel silenzio, tranne poche e rare situazioni. In generale, nessuno ne parla e la gente non sa o dimentica. A tutti i livelli. Anche quello locale. Però, l’acqua non è scontata. E’ il bene essenziale per la vita. Ne usiamo molta. Ne sprechiamo tanta. Quindi? Garantire l’acqua significa lavorare per il futuro di tutti.

I Comuni possono fare qualcosa? Si. Possono difendere nei fatti il principio dell’acqua bene pubblico. Come? Dalle scelte più semplici, come promuovere ed incentivare l’uso delle “casette dell’acqua”, che favoriscono il consumo di acqua buona a buon prezzo ed evitano l’enorme produzione di bottiglie di plastica dovuta ai supermercati. Alla scelta di obbligare i nuovi edifici o le importanti ristrutturazioni a dotarsi di sistemi per il risparmio dell’acqua e di cisterne per riciclare quella piovana. Fino a vigilare nelle opportune sedi che la gestione dell’acqua non venga svenduta ai privati. Perché non vendere ai privati? Perché il privato si muove solo con la logica di aumentare il più possibile il proprio guadagno. Privatizzare un bene o un servizio pubblico, magari con i favori di una politica compiacente, significa dare ai privati una pesante rendita di posizione. Per l’acqua, deve prevalere la logica sociale di garantirne l’accesso a tutti e la sua qualità. Evitando sprechi, dispersioni, inquinamenti.

Il nostro Comune cosa fa?

La “casetta” dell’acqua c’è dal maggio 2011. Servirebbe qualche attenzione in più per valorizzarla. Grazie all’attenzione dell’ufficio tecnico comunale, l’obbligo del riciclo dell’acqua piovana, scelta che “Villafranca Domani” chiedeva già nel 2011, è stato inserito nel regolamento edilizio votato dal consiglio il 26 giugno 2018.

Giovedì scorso il consiglio comunale ha approvato all’unanimità il nuovo atto costitutivo dell’Autorità d’ambito per l’acqua, l’ente che governa a livello territoriale la gestione dell’acqua per tutti noi. Ne fanno parte 104 Comuni astigiani, 43 della provincia di Alessandria e 7 della provincia di Torino.  Un bacino di 260 mila persone. Attuale presidente dell’Autorità è Vincenzo Gerbi, ex sindaco di Cantarana, docente universitario e da sempre sostenitore dellì’acqua pubblica. Nella discussione, ho ricordato la necessità che i Comuni prestino attenzione al tema. A partire da come si concretizzerà l’obbligo che i quattro acquedotti che lavorano nel territorio dell’Autorità hanno di fondersi in un unico soggetto entro il 2019. Un unico soggetto che deve rimanere pubblico. Il sindaco Cavalla ha risposto che all’Acquedotto della Piana, dove anche Villafranca è socio, tutti i Comuni sarebbero d’accordo sul fatto che la gestione rimanga pubblica. Ci fa piacere. Lo aveva già detto in risposta ad una nostra interrogazione del settembre 2016. Tuttavia, i timori rimangono. A che punto è il piano di fusione dei quattro acquedotti? Rispetterà la scadenza del 2019? Cosa farà Asti, la raltà più importante? Ricordiamoci che Asti ha già il privato in Asp. Cosa pensano all’Acquedotto del Monferrato e all’Acquedotto della Valtiglione? E fare iniziative che tengano informati e sensibili i cittadini sui vantaggi dell’acqua pubblica? Un piccolo precedente. “Villafranca Domani” chiese alla giunta comunale un confronto, aperto a tutti i consiglieri e alle associazioni ambientaliste del territorio, con la rappresentante del Comune nel consiglio di amministrazione dell’Acquedotto della Piana. Era proprio il settembre 2016. Il confronto non ci venne accordato. Non vorrei che rivedessimo con l’acqua la stessa manfrina appena subita con i rifiuti: un ripetersi di quanto accaduto con Gaia spa, la società che gestisce gli impianti di smaltimento, che è stata messa in mani private con la vendita del 45% a Iren. Trovarsi sul tavolo un progetto già preparato e sentirsi dire che bisogna approvarlo perché servono soldi e i Comuni non ne hanno. Come potrebbe ripetersi questo scenario? Chi vuole la privatizzazione sa che i piccoli Comuni, e gli astigiani lo sono quasi tutti, soli e divisi contano nulla. Non hanno peso specifico. Se a questo uniamo la paura di dover mettere soldi, scusa sempre utilizzata per bloccare qualsiasi innovazione o giustificare qualsiasi arrendevolezza, credo che le preoccupazioni siano concrete. Per ora, la presenza di Gerbi ai vertici dell’Autorità è una garanzia. Ma, lo ripeto, non commettiamo l’errore di dare tutto per scontato. Su questi argomenti si muovono dinamiche molto complesse, con attori che spesso non si curano di rendere conto delle loro scelte ai cittadini. Serve che i Comuni si uniscano per rafforzare decisioni condivise, con attenzione e competenza, che sappiano contare ai tavoli delle trattative. Mettere insieme gli acquedotti, come giustamente sostiene Gerbi, servirà per avere una struttura più forte, con una capacità progettuale migliore e di lungo respiro. L’unica strada per cercare finanziamenti, ad esempio europei. Chi si candiderà alle prossime elezioni comunali del 2019 dovrà dire cosa pensa su questo tema. Perché il problema sarà nell’agenda delle nuove amministrazioni.

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