VOGLIA DI ESSERE DIVERSI
Ottimo consenso di pubblico per l’iniziativa del circolo Valtriversa di Legambiente, di ieri sera, sul ritorno dei giovani in agricoltura. Sala Virano “il forno” quasi piena con la presenza di circa 80 persone. Interventi chiari e comprensibili, mai eccessivi nei tempi e col supporto di molte immagini. Vivace e interessante dibattito finale.
Ringrazio Legambiente per aver aderito alla proposta di “Villafranca Domani” di affrontare un tema nuovo e difficile: pensare ad un sistema economico diverso che sia una risposta originale alla crisi che stiamo vivendo. Il ritorno all’agricoltura può essere parte di questa risposta? Direi di si e le esperienze emerse ieri lo dimostrano.
I GIOVANI AGRICOLTORI
Paolo Corda, giovane architetto torinese che ha deciso di cambiare vita per mettersi a coltivare zafferano a Villafranca, attività che esisteva nelle terre astigiane nel ‘500 e che si svolge tutta a mano. Alberto Brosio, che è tornato dagli Stati Uniti, dove lavorava nel mondo dello spettacolo, al paese dei nonni, Cortandone, per produrre miele. Domenico Capello, ferroviere mancato che a Roatto produce vino di qualità. Scelte vissute con competenza, passione, preparazione e voglia di innovazione, superando l’ostacolo culturale che fino a non molti anni fa portava le famiglie ad indirizzare i giovani verso lavori che non fossero quelli agricoli per la convinzione che l’agricoltura non fornisse la possibilità di un miglioramento sociale. Tutti hanno dato un chiaro messaggio: oggi lavorare in agricoltura si può e senza fare una scelta di ripiego.
GLI INTERVENTI DURANTE LA SERATA
Per Vincenzo Gerbi, in agricoltura c’è spazio per nuovo lavoro ma serve professionalità e non improvvisazione. Corda ha sottolineato la difficoltà che ha dovuto superare per trovare terreno in vendita da coltivare, nonostante ne esistano molti ormai abbandonati. Per Brosio, nelle associazioni di categoria del mondo agricolo, utili per avere informazioni su come affrontare la burocrazia e gli adempimenti, non si parla di ambiente ma solo di agricoltore imprenditore. Capello ha ricordato la necessità di produrre contenendo i costi perché bisogna rimanere competitivi sul mercato. Altri problemi usciti nella discussione: le differenti normative tra le varie regioni, che mettono una parte dei produttori in posizione di svantaggio; i costi degli adempimenti come le analisi sui prodotti, oneri pesanti per il piccolo agricoltore che produce poca quantità; la necessità di promuovere i prodotti di una zona perché il singolo produttore fa più fatica a penetrare in nuovi mercati. Francesco Scaglia, referente di Slow Food, ha ricordato la necessità che il lavoro dei produttori agricoli sia conosciuto da un pubblico più vasto e l’utilità di fare rete tra le varie aziende per darsi sostegno reciproco. Franco Correggia, presidente dell’associazione “terra, boschi, gente e memorie”, ha evidenziato i danni ambientali della cementificazione, dell’industralizzazione e dell’agricoltura che fa un uso spinto delle sostanze chimiche. Di diverso parere Antonio Ciotta, direttore della Coldiretti di Asti, che ha respinto l’idea che l’agricoltura danneggi l’ambiente, chiedendo che venga posto più impegno nella correzione di come lavora l’industria. Ha poi evidenziato i rischi della “moda del biologico”, sistema per far aumentare i prezzi senza un effettivo aumento della qualità. Angelo Porta, presidente del circolo Legambiente Valtriversa, ha chiesto che venga ridotta la filiera dei prodotti agricoli, evitando le troppe intermediazioni che separano il produttore dal consumatore che fanno solo lievitare i prezzi senza portare vantaggi all’agricoltura. Nelle osservazioni dal pubblico, sono arrivate sollecitazioni a comprare prodotti locali ed a promuovere i gruppi d’acquisto tra consumatori.
L’OPINIONE DI “VILLAFRANCA DOMANI”
Ringrazio Corda, Brosio e Capello perché ieri sera hanno dato a tutti noi importanti suggerimenti. Cosa si può fare in concreto per far diventare l’agricoltura una parte di un nuovo modello di sviluppo vero? In primo luogo, siamo noi sul territorio che possiamo cambiare le cose. Credo che i Comuni possano avere un ruolo fondamentale. Sono i primi responsabili della gestione del territorio e in questo senso servono piani regolatori di zona. “Villafranca Domani” ha chiesto il piano regolatore della Valtriversa già da anni. Ricordiamoci: il piano regolatore può essere verde. Serve a decidere quali attività possono arrivare. Può tutelare il territorio agricolo. Può costruire incentivi per chi chi risparmia energia. Ritengo servano esempi che dimostrino la possibilità di vendita diretta dal produttore al consumatore. I Comuni, meglio se organizzati nell’Unione o nel Comune unico, possono mettere insieme i produttori e sostenere iniziative in tal senso, in modo da favorire il consumo del prodotto locale. Ad esempio, servirebbe la promozione e l’organizzazione dei gruppi d’acquisto. I Comuni potrebbero fare da garanti e da punto di incontro tra i proprietari dei terreni oggi non più coltivati e giovani che hanno bisogno di terra per lavorare. Gli enti locali possono chiedere che i consiglieri regionali sostengano adeguate politiche di cambiamento a Torino. Potrebbe anche essere utile un marchio di qualità dei prodotti della Valtriversa, che sia la prova di un effettivo valore aggiunto. L’Unione, o meglio il Comune unico, potrebbe chiamare le organizzazioni agricole a collaborare su iniziative di zona, immediatamente applicabili e verificabili. Le organizzazioni agricole e gli enti locali potrebbero aggregare i produttori, per farli diventare fornitori della grande distribuzione e di tutte le situazioni dove c’è un consumo collettivo. Penso a case di riposo, scuole, ospedali. I Comuni, l’Unione o il Comune unico, potrebbero costruire con le scuole iniziative culturali che facciano conoscere ai ragazzi il valore dell’ambiente e come funziona il mondo agricolo. Penso, ad esempio, a fattorie didattiche e laboratori con orti scolastici. Iniziative che non siano singoli episodi di “colore da gita scolastica”, magari affidati alla sola buona volontà di pochi insegnanti, ma veri e propri sistemi di studio e apprendimento.
Purtroppo, ancora una volta la voce stonata della Coldiretti ci rende edotti che per tale associazione, l’ideale è che sulla terra ci lavori meno gente possibile per lavorare più tanta terra ciascuno e sfornare a basso prezzo prodotti impestati di pesticidi erbicidi anticrittogamici.
Definirei la serata un po’ troppo politically correct. Ciotta nega ad alta voce ed indignato che in Italia si avvelena la gente con l’agricoltura attuale e da Legambiente nessuna replica seppur pubblichino ogni anno un’interessante quanto agghiacciante informativa dal titolo “i pesticidi nel piatto”… Resta comunque una bella serata dal tema importante. Le cose vanno cambiate. Proviamoci!
Grazie per le vostre opinioni. Credo sarebbe utile un lavoro delle organizzazioni agricole a più stretto contatto con gli enti locali. Unire gli sforzi per favorire la vendita diretta al consumatore. Creare le situazioni per far diventare i piccoli produttori fornitori diretti di scuole, case di riposo, ospedali e magari anche grande distribuzione. Collaborare per la tutela dell’ambiente e contro il consumo indiscriminato di territorio.
Pienamente concorde sull’utilità di incentivare la vendita diretta dal produttore al consumatore. Però a questo proposito credo debba valere al massimo il discorso genuinità. Per fare un solo esempio, una grossa vitivinicola, può facilmente produrre vino a minor prezzo di un contadino. Perciò, chi si rivolge alla vendita diretta, deve essere sicuro che gli diano un prodotto con caratteristiche di genuinità superiore.
La preoccupazione è corretta. Credo serva agire partendo dal basso. Una verifica sulla qualità nel concreto potrebbe essere fatta attraverso una collaborazione di Comuni, organizzazioni agricole e, magari, gruppi di acquisto di consumatori.