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martedì, 30 Aprile 2024

l’amministrazione comunale non ha un progetto per affrontare le difficoltà sociali. Accesa discussione durante il consiglio comunale del 3 novembre

AVANTI ALLA VECCHIA MANIERA

I soldi comunali destinati al sociale devono andare a favore dei più deboli. Noi lo abbiamo sempre pensato. L’amministrazione comunale la pensa diversamente. Lo ha ancora dimostrato nell’ultimo consiglio comunale di lunedì 3 novembre, nella discussione circa la nuova convenzione con l’Opera Pia S. Elena, destinata a sostituire quella in scadenza a fine anno. La convenzione prevede da sempre un contributo destinato alle attività di scuola materna. Da sempre è il più importante impegno economico nel sociale da parte del Comune verso enti del paese. A sostenere l’asilo del S. Elena siamo sempre stati d’accordo e lo siamo anche oggi. I tempi però sono cambiati. La crisi economica colpisce molte famiglie e bisogna dare risposte a nuovi bisogni. Come? Organizzare una risposta dal basso. Fare comunità nel senso vero. Una comunità che si preoccupa davvero dei suoi membri, accetta chi vive onestamente sul proprio territorio e non fa l’indifferente perché il problema sta nella casa del vicino e non nella propria. I contributi economici fatti con i soldi dei villafranchesi devono andare a favore di chi ha più bisogno. Il Comune deve fare un controllo diretto ed efficace sull’uso che viene fatto dei contributi.  Non bisogna dimenticare che il contributo al S. Eena va a favore di una scuola privata. L’amministrazione dice: lo stiamo già facendo noi. Peccato che non sia proprio così. E’ vero che sulla carta il contributo al S. Elena, circa 25 mila euro, prima tutto destinato al sostegno generale dell’ente, viene diviso a metà. Una parte rimane per l’attività complessiva. L’altra viene destinata ad abbattimento delle rette dei bambini villafranchesi. Come abbiamo detto, giusto che i soldi del Comune vadano ai villafranchesi ma la ripartizione prevista non contiene garanzie su come verranno divisi. Rimanda tutto a futuri atti della sola giunta comunale. Per l’anno prossimo prevede una ripartizione con 40 euro a favore di chi ha un indice isee fino a 5 mila euro, cioè molto basso, e 20 a tutti gli altri. In sostanza, dare qualcosa di più a pochi e un poco a tutti. Non sarebbe meglio aiutare  in modo significativo chi ha più bisogno, individuando fasce di intervento per dare al contributo una progressività? Magari aggiungendoci anche un costante dialogo con le persone interessate, per valutare nel concreto il bisogno e non limitarsi al dato isee che, se non verificato, può essere manipolato. L’amministrazione ha detto no. Ci ha risposto che le rette sarebbero aumentate e che si rischiavano di perdere alunni per l’asilo. Chi può pagare non si spaventa di 10 o 20 euro in più. Per chi ha difficoltà invece possono fare la differenza. Con aiuti più consistenti ai più deboli, forse famiglie meno abbienti manderebbero in misura maggiore i loro figli all’asilo. Comunque, l’amministrazione  non ha dato cifre precise sugli importi delle rette ne sui costi di esercizio dell’ente. Le saprà? Le avrà contrattate? Il dubbio è legittimo. Da quanto ci risulta, il Comune non ha nemmeno mai ricevuto il bilancio 2013 dell’Opera Pia.  La commissione che aveva il compito di verificare la corretta applicazione della convenzione e entrare nel merito delle cifre, nei cinque anni del passato mandato amministrativo, è stata costituita con molto ritardo, dopo una nostra sollecitazione, ed è stata convocata una sola volta. Senza nemmeno finire l’argomento della riunione. Quindi, di fatto la commissione è stata del tutto inutile. Noi abbiamo chiesto di dare alla commissione più potere, definendone meglio il funzionamento, subordinando il pagamento del contributo ai pareri della stessa e dando più peso alla presenza dei genitori. L’amministrazione ha detto no al rafforzamento della commissione. Nel testo di convenzione proposto dall’amministrazione comunale non si sapeva nemmeno chi dovesse convocarla, come già nell’accordo in vigore. Chiaro l’intento del Comune di evitare ogni controllo, giustificandosi con la scusa di voler diferendere l’autonomia dell’ente. Secondo noi, se il Comune ci mette dei soldi ha il diritto e il dovere di controllare, per tutelare tutti i cittadini. Ma questo, si sa, non porta al facile consenso al quale l’amministrazione Cavalla oggi, e prima quella Padovani, hanno sempre aspirato. Noi saremmo i cattivi che hanno la colpa di voler verificare, nell’interesse di tutti. Con grande senso della democrazia, il vicesindaco, dopo essersi opposto all’aumento dei poteri della commissione, avrebbe anche voluto ridurre la presenza del Comune da due membri ad uno solo. Chissà, magari solo di maggioranza. Cavalla non ha aderito alla proposta del suo vice ma è passato solo l’obbligo di convocare la commissione almeno due volte l’anno più il chiarimento che un membro consigliere comunale sarà di maggioranza, con la funzione di presidente, e uno di opposizione. Grazie alle nostre proposte, un passo in avanti è stato fatto. Ma con molta fatica.

L’AMMINISTRAZIONE HA VOLUTO L’ESCLUSIONE DALLA MENSA SCOLASTICA PER CHI NON PAGA

Colpisce l’ostinazione con la quale l’amministrazione comunale ha voluto mantenere nella convenzione l’obbligo di esclusione dai pasti della mensa scolastica per i bambini le cui famiglie non pagano il servizio. Nella proposta del Comune, dopo tre pasti senza “buono” si veniva esclusi dal servizio. Premetto che questa regola c’era già nella convenzione in vigore e che non ci risultano casi di esclusione avvenuti in questi anni. Ma negli ultimi anni le difficoltà sono aumentate e non si può far finta di niente. Ci viene raccontato da alcuni genitori che non mandano il bambino alla mensa perché non possono acquistare un blocchetto da dieci buoni tutto insieme. E obbligare il S. Elena di vendere i buoni mensa senza il vincolo del numero? Non è così difficile. Ci viene raccontato che ci sarebbero state insegnanti che avrebbero pagato di tasca loro il pasto a bambini che non potevano permetterselo. Non fatichiamo a crederlo perché crediamo ci siano ancora insegnanti che sanno fare il loro mestiere bene fino in fondo, facendo gli educatori e non gli impiegati. Peccato che la giunta comunale ha voluto mantenersi i 40 mila euro dei propri compensi che avrebbero potuto essere destinati ai bisogni sociali. “Villafranca Domani” vi avrebbe rinunciato. Con la perdita di reddito che tante famiglie stanno subendo, siamo sicuri che non arriveremo ad escludere qualche bambino dalla mensa nel prossimo futuro? Noi abbiamo chiesto che il servizio mensa non venisse interrotto per non penalizzare i bambini che non devono subire i problemi dei loro genitori. Ci è stato risposto che questo avrebbe facilitato i furbi che ritengono sia loro tutto dovuto. L’amministrazione comunale si preoccupa di mantenere l’obbligo di esclusione della mensa del bambino che non ha il buono pasto ma non si è preoccupata per anni di riscuotere la tassa rifiuti mai pagata da tanti. Si è timidamente attivata solo dopo la nostra sollecitazione. A differenza dei nostri amministratori, noi crediamo che le persone oneste esistano. Forse sono in situazioni difficili e hanno bisogno di una possibilità di riprendersi. Bisogna chiedere conto a  chi non rispetta le regole. Non servono burocratici solleciti ma contatti diretti per conoscere realmente i casi. Bisogna fare la differenza tra chi non paga per bisogno, che deve avere un’opportunità per mettersi in regola, magari con lavori sociali, e chi vuole approfittare delle risorse pubbliche, che deve essere sanzionato senza tolleranza. Ma non devono pagare i bambini. La scuola non dovrebbe essere il primo momento di socializzazione e integrazione? Come possiamo pretendere che i ragazzi abbiano fiducia nel futuro se le esclusioni vengono applicate già tra i banchi di scuola? Ai danni di qualche coetaneo meno fortunato. Dalla discussione in consiglio, abbiamo ottenuto che il limite dei pasti passi da tre a cinque. È qualcosa ma è poco.

SE VOGLIAMO AIUTARE VERAMENTE, AIUTIAMOCI DA NOI

Dicevamo che la crisi colpisce duro ed i soldi sono pochi. Servono nuove risposte. Altrimenti l’alternativa sarà rassegnarsi ad un numero sempre maggiore di famiglie esposte a difficoltà crescenti. Quali risposte? Conoscere la situazione facendo un’indagine sociale sul paese con metodi professionali e oggettivi. Fare quanto possibile per creare una rete di solidarietà sociale locale che abbia la forza di dialogare con Cogesa e Asl. Mettere in collaborazione concreta enti e volontariato, con la regia del Comune, per condividere tutte le informazioni utili, concordare insieme le iniziative e aiutare i casi di persone oneste che hanno bisogno. Giovani e anziani, senza distinzioni. Collaborare con i patronati sindacali che possono diventare un occhio vigile sul territorio per comprendere i bisogni sociali e conoscere casi di necessità. Fare cultura con l’esempio, con la conoscenza di chi ha culture diverse perché straniero, con la voglia di cercare, approfondire e copiare esperienze positive che avvengono fuori dai confini stretti del nostro Comune. Perché il Santanera non riceve aiuti dal Comune? Lo ha chiesto anche il presidente Binello durante un recente  incontro con la Giunta ed i capigruppo consigliari. Risposte dall’amministrazione non ne ha avute. Gli è stato consigliato di aumentare le rette. Chissà perché l’amministrazione comunale non teme che il Santanera perda ospiti se aumenta le rette. Si sa che il Comune considera la casa di riposo un servizio non indispensabile. I bisogni sono in aumento e assumono forme diverse. L’aiuto che non si da solo con i soldi ma anche con una presenza attiva. Persone e famiglie non devono sentirsi sole. Quanti sono gli anziani che vivono soli? Quanti sono quelli che avrebbero bisogno di assistenza domiciliare o di essere accompagnati nelle scelte per organizzare la propria vita? Perché un’assistenza domiciliare professionale non potrebbe essere fornita dal Santanera? Quante sono le famiglie che avrebbero bisogno di qualcuno che guardi loro i figli ma non possono permettersi la retta dell’asilo? Perché non sperimentare “asili” famigliari? Magari ci sarebbe un po’ di lavoro e reddito per qualche mamma. Perché non organizzare un sistema scolastico di zona, indirizzando chi non può pagare la retta verso gli asili pubblici che già esistono (Monale e Baldichieri)? Gli enti che fanno sociale non dovrebbero farsi un’inutile concorrenza. Perché chi ha bisogno non può pagare i suoi debiti per le tasse comunali con lavori  a favore del paese? Perché non sperimentare una “banca del tempo” che consenta alla gente di dare e ricevere aiuto concreto, facilitando la conoscenza reciproca, superando diffidenze, egoismo e paure?

I cambiamenti proposti da “Villafranca Domani” alla convenzione con l’Opera Pia S.. Elena

La Convenzione con Opera Pia Sant’Elena 2014-2019 con le variazioni approvate

2 Commenti

  1. sono contenta che parli di una”banca del tempo”che personalmente esperimentato in nord Svezia gia’ fine anni 60….funzionava benissimo

    • Grazie per la tua testimonianza. E’ la prova che si possono fare, fin da subito, iniziative semplici per aiutare concretamente chi ha bisogno.

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