FINALMENTE CHIAREZZA
(per un problema tecnico legato all’aggiornamento del sito, questo articolo, pubblicato la sera del 19.5.2013, è stato rimosso il giorno dopo. Ripristiniamo il testo, scusandoci con i lettori per l’inconveniente).
La difficile situazione dell’Unione Valtriversa viene segnata da un fatto nuovo di particolare importanza: le dimissioni del presidente Roberto Campia, sindaco di Castellero. Vi invito a leggere il documento, al termine di questo articolo. Per questa scelta, Campia merita rispetto e solidarietà. Ha avuto il coraggio di dire chiaramente come stavano le cose, anche se in ritardo, e ne ha tratto le conseguenze. Campia merita rispetto anche per quello che ha tentato di fare in questi anni, compreso lanciare l’idea della fusione.
Ho sempre sostenuto che la Valtriversa forte, capace di diventare un unico Comune, sia la sola possibilità per il nostro territorio di avere un futuro proprio. L’ho fatto nel consiglio dell’Unione da diversi anni, quando ero l’unico a pensarla così. Tanti piccoli Comuni, che lavorano soli, con sensibilità diverse, sono inevitabilmente destinati al declino. A non contare più nulla. Sta già avvenendo. Inutile dare la colpa al governo romano o a quello torinese. Dare la colpa ad altri per giustificare il proprio star fermi. La prima responsabilità di governare il territorio spetta agli amministratori locali. Oggi non si può più fare il sindaco come trent’anni fa, quando si poteva spendere senza tanti problemi e senza badare alla qualità. I danni si vedono. I tempi sono cambiati. Le risorse sono diminuite. I problemi si sono moltiplicati e ampliati, superando i confini dei paesi per diventare simili a livello di zona. Il vecchio modo di pensare allo “sviluppo” non regge più. Il tessuto sociale è mutato profondamente: ci sono molti stranieri e le famiglie sono diventate più piccole. Spesso sono fatte da persone sole e anziane. Manca il lavoro e il reddito per tanti è diminuito. In nome del “risparmio” imposto dall’alto, i territori perdono servizi, che ormai si trovano solo nelle grandi città. E nessuno si pone il problema che far spostare tante persone nelle città, anche per fare piccole cose, sia un costo sociale in termini di tempo, di soldi, di inquinamento ambientale: una tassa occulta che paghiamo in silenzio. Siamo in una fase di cambiamento profondo, dove ci sono pochi soldi. Se i piccoli Comuni vogliono contare qualcosa, e per piccolo intendo anche Villafranca, devono mettersi insieme per avere numeri più importanti, più voce nei tavoli dove si fanno le scelte e più capacità di pensare a soluzioni innovative per dare risposte locali alle difficoltà. I temi sono tanti. Per citarne alcuni, risparmiare soldi riorganizzando le strutture, eliminando il potere delle burocrazie, mettendo insieme le conoscenze e imparando da chi lavora bene; una rete locale della solidarietà sociale, fatta con tutti gli enti che lavorano nel settore e con il volontariato, a favore di chi si trova in situazione di debolezza; un nuovo modo di fare economia valorizzando i produttori della zona per far risparmiare soldi ai consumatori; la diffusione del risparmio energetico partendo dall’esempio degli edifici pubblici; la tutela di beni comuni fondamentali come l’acqua; la diffusione di culture che evitino la produzione di rifiuti; un sistema di scuola pubblica locale capace di essere competitivo; la gestione dei tributi per una vera equità e per una efficace lotta all’evasione in accordo con l’Agenzia delle entrate; un piano regolatore di zona per gestire il territorio nel suo complesso
Negli anni, l’attenzione verso la necessità di dare maggior forza all’Unione è migliorata. Qualche sindaco ha iniziato a pensarci. Peccato che la voglia di fare riforme veramente incisive per riunire le forze sia mancata. Si è rimasti a provvedimenti timidi e pasticciati, spesso svuotati dai veti incrociati e dalle diffidenze. Ho chiesto più volte ai sindaci di non tenere il dibattito sul futuro dell’Unione nel chiuso delle loro riunioni. Serviva avere più coraggio e rompere gli schemi tradizionali che non portavano da nessuna parte. Serviva cercare un vero e continuo coinvolgimento del consiglio dell’Unione, da sempre tenuto ai margini, per non farsi bloccare, come poi è avvenuto, da chi cercava solo con mille scuse di far la naufragare la stessa idea della Valtriversa. Un naufragio voluto da qualcuno per difendere il proprio potere. All’inizio degli anni duemila, l’Unione era nata solo come veicolo per spartirsi i contributi pubblici che allora esistevano. Ora i soldi non ci sono più e la festa è finita. Oggi bisogna rimediare a quel vizio di origine, riconoscere che è stato un grave errore e crescere. Avere la maturità di una visione di territorio complessiva e omogenea che allora non esisteva. I tempi sono profondamente cambiati. Deve cambiare anche la nostra organizzazione territoriale. Ha ragione Campia. Servono ancora otto sindaci, otto consigli, otto giunte? Io credo serva una classe politica locale capace di vedere oltre i confini dei paesi e capace di lavorare per l’interesse di tutti. Troppi anni sono stati persi e mi auguro non se ne vogliano perdere altri. Magari correndo dietro all’idea dell’Unione a quattro (Villafranca, Roatto, Maretto e Cantarana) come fa il sindaco di Villafranca, senza rendersi conto che sarebbe l’ennesimo vecchio tentativo di cercare una soluzione al ribasso, per cambiare quasi nulla. O magari cullandosi nella beata idea che, tanto, una proroga agli obblighi di gestire le funzioni in modo associato arriverà, quindi meglio star fermi ad aspettare non si sa bene che cosa. Oppure, pensando di fare qualche convenzione a casaccio, come già accade oggi, con Comuni che nulla hanno a che spartire dal punto di vista territoriale.
Cosa fare ora? Verificare subito i Comuni che vogliono la Valtriversa costruita sul principio che tutti i cittadini che abitano sul nostro territorio devono avere gli stessi diritti e gli stessi servizi. Preparare un progetto unico, usando le competenze disponibili anche esterne all’ente, avendo come rapido obiettivo la fusione. Condividere il progetto con il sindacato e con dipendenti, chiedendo il loro contributo attivo e spiegando loro che non viene fatto contro chi lavora ma per dare un futuro anche al loro posto di lavoro. Non temere la necessità di sperimentare. Parlare del cambiamento ai cittadini. “Villafranca Domani” ha già presentato, ancora nel settembre dello scorso anno, una propria ipotesi di progetto. Abbiamo anche messo a disposizione della Valtriversa alcuni professionisti disponibili a collaborare. Ora tocca ai sindaci dimostrare se hanno una vera volontà positiva.
le dimissioni di Roberto Campia da presidente della Valtriversa