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venerdì, 13 Dicembre 2024

la Valtriversa ad un bivio: Villafranca e Baldichieri premono per lo scioglimento

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Le amministrazioni di Villafranca e Baldichieri hanno chiesto uno scioglimento “concordato” della Valtriversa. La richiesta è stata formulata in una lettera alla Comunità datata lo scorso 7 giugno. In sostanza, la lettera dice sciogliamoci e azzeriamo tutto, poi valuteremo cosa fare e come eventualmente lavorare insieme. E’ una forzatura non indifferente. Vogliono spaccare la Valtriversa? Villafranca ci aveva già provato a febbraio, senza trovare adesioni, proponendo un accordo separato solo con Cantarana, Roatto e Maretto. Sabato scorso, sindaco e vice sindaco hanno cercato anche il mio appoggio, proponendomi di condividere il recesso entro il 30 giugno e di sostituire la Comunità con una convenzione  tra gli attuali membri, tolto Ferrere che ha già deciso di andarsene. Convenzione che doveva avere come scopo obbligatorio la fusione. Da parte mia, ho risposto di non essere d’accordo. Parlare di fusione sarebbe del tutto inutile e, aggiungo, strumentale. Ritengo che, ad oggi, non esista nei paesi della Valtriversa una matura consapevolezza verso questa scelta. Metterla sul piatto, come vorrebbero Cavalla e Guazzo, significherebbe alzare la posta del gioco per costringere gli altri Comuni a dire no e giustificare così l’uscita dalla Comunità. Il classico sistema di “dare la colpa agli altri” in cui l’amministrazione villafranchese è maestra. Sarebbe il modo per buttare sui piccoli Comuni l’accusa di campanilismo, accusandoli di essere quelli che non vogliono collaborare. Che interesse avrebbe Villafranca a rompere la Valtriversa? Il paese nessuno. L’interesse sarebbe dell’amministrazione comunale. La crisi della Comunità è una dimostrazione del fallimento politico dell’amministrazione villafranchese, incapace di avere una visione di zona. Spaccare la Comunità significa nascondere il fallimento giustificandosi con  il mito, facile e suggestivo, che “piccolo è bello”; con la semplificazione un  po’ bugiarda che la Comunità “costa” (anche comprare una casa costa ma poi ho il posto dove abitare) e con la comoda scorciatoia della mancanza di leggi chiare. E’ sbagliato anche dire, come fa la nostra amministrazione comunale, che bisogna avere subito la Comunità perfetta: siamo d’accordo se uniamo tutto e subito, così siamo pronti per la fusione. E’ ancora la facile scorciatoia per dare la colpa agli altri che non ci stanno. L’integrazione è, per sua natura, un processo che vuole sperimentazioni e eventuali correzioni in tappe successive. Pretendere di fare in poche settimane quello che non si è fatto in dodici anni (da quando sono nate le Comunità) non ha alcun senso pratico, quindi è solo una scusa. Chi ha governato Villafranca negli ultimi dodici anni? Loro. Cosa hanno fatto per investire nella Valtriversa? Poco. Cosa hanno fatto ancora in quest’ultimo anno, da quando lo Stato ha detto ai Comuni “lavorate insieme”? Praticamente nulla. Villafranca è il paese più grande ma se vuole contare nella provincia astigiana ha bisogno della Valtriversa. Senza, anche noi diventiamo un “piccolo” paese, condannato a perdere servizi, la cui parola peserà pochissimo ad Asti e niente a Torino. Bisogna creare una Valtriversa più forte e questo si può fare già adesso, con uffici unici per tutta la Comunità e mettendo insieme quanto oggi è diviso nei singoli municipi. In questo lavoro, Villafranca ci deve mettere soldi, strutture e personale. Deve fare uno sforzo anche maggiore rispetto a quello di altri paesi. Ovviamente, è giusto che Villafranca abbia garantito il proprio peso politico e la propria rappresentanza (la presenza nella giunta di governo della nuova Comunità e la presenza della propria opposizione nel consiglio). Villafranca ha il maggior numero di abitanti e questo deve pur valere qualcosa nelle decisioni. I paesi della Valtriversa hanno bisogno di Villafranca per dare migliori vantaggi ai loro cittadini. I passi successivi devono essere politiche e scelte condivise che interessino tutti i Comuni (pensiamo, ad esempio, a gestione e governo pubblico del territorio, servizi sociali, scuola, regolamenti, tributi, nuovo modello di sviluppo della zona, unici rappresentanti negli enti provinciali). Obiettivo: fare di più, magari riuscendo anche a risparmiare. Solo così staremo al passo con tempi che cambiano velocemente, per non ridursi ad accettare un destino da “zona depressa”.

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