IL TERRITORIO LAVORI UNITO
Quando aprirà la “casa della salute”? Entro ottobre di quest’anno, ha detto Ida Grossi, direttore generale dell’Asl di Asti, durante l’assemblea pubblica di martedì 22 marzo 2016 a Villafranca. Incontro da noi voluto come comitato che ha promosso la petizione per chiedere che la struttura ospiti più servizi sanitari di quelli oggi presenti nei locali di via Luotto. L’assemblea ha riempito la sala Virano “il forno” come raramente succede. Un’ottima presenza di pubblico, arrivato anche dai paesi della zona.
Mi hanno aiutato a preparare e gestire il dibattito Alfredo Castaldo, Rosa Gai, Giovanni Damasio, Lorenzo Salvadore e Daniele Barcaro.
DI COSA ABBIAMO PARLATO?
Abbiamo parlato dei due edifici che vedete nel filmato e nella foto. Sono in un luogo infelice, tra la ex statale 10, la ferrovia e la rotonda con via S. Elena. Li ha costruiti l’Asl su un terreno prima comprato e poi concesso gratuitamente dal Comune di Villafranca. Edifici ancora non finiti. Vuoti e fermi da anni. Chi legge questo spazio sa che abbiamo parlato spesso nel tempo della loro storia. Tra l’edificio principale e le vicine case, c’è un’area ancora libera di proprietà privata di 3.160 metri quadrati sulla quale è prevista la costruzione di un capannone a possibile destinazione artigianale e commerciale. La fetta centrale, di proprietà comunale, è di 1.380 metri quadrati. Dovrebbe essere usata per un parcheggio a servizio sia dell’attività che il privato insedierebbe nel capannone, sia dei servizi sanitari.
Cosa dovrebbe essere una “casa della salute”? Cosa dovevano diventare quei due fabbricati? Lo ha ben spiegato Damasio, utilizzando un progetto del governo italiano datato 2008. Un luogo dove il paziente viene “preso in carico” e accompagnato nel suo percorso di cura. Una struttura, vicina alla persone, dove offrire un ventaglio di servizi ampio che eviti gli accessi inutili all’ospedale grazie alla collaborazione, in gruppo, di medici di famiglia, specialisti e infermieri. Cliccate qui sotto per leggere la versione completa del materiale presentato.
L’intervento di Giovanni Damasio: cosa dovrebbe essere la “casa della salute”?
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Noi, come gruppo di opposizione in consiglio comunale a Villafranca, chiediamo che questi fabbricati vengano riempiti con servizi e contenuti fin dall’inizio di questa decennale vicenda. Dopo l’incontro del 22 marzo, ci è stato rimproverato da alcuni di essere stati troppo “buoni” nei confronti dell’Asl, che comunque avrebbe dato poche informazioni. Noi abbiamo organizzato i due incontri sulla “casa della salute” ai quali la cittadinanza ha potuto assistere. Oltre a quello del 22 marzo, c’è stato quello del 3 luglio 2008, con l’allora commissario dell’Asl Robino. In verità, c’è stato un terzo incontro pubblico in sala Virano voluto da chi governava in quel periodo la Regione: il 29 aprile 2011, quando il progetto “casa della salute” era già stato fermato dall’amministrazione regionale a guida leghista dell’epoca. Claudio Zanon, che in quel periodo era responsabile dell’Agenzia sanitaria regionale, quindi pagato con i soldi pubblici, venne a sponsorizzare la sanità privata. Presenti in sala anche diversi amministratori locali che concordavano sul fatto che bisognasse pur tagliare da qualche parte. Non mi ricordo voci di dissenso. Solo il nostro gruppo prese posizione a favore della sanità pubblica. Non ricordo voci di dissenso quando Rosanna Valle, allora consigliere regionale che sosteneva quell’amministrazione che aveva tagliato le “case della salute”, criticò proprio la “casa della salute” di Villafranca. Non ricordo voci di dissenso quando il consiglio comunale di Villafranca bocciò la nostra proposta di progettare la “casa della salute” nei locali ex Venturello, accanto alla casa di riposo Santanera proprietaria degli stessi. Locali ancora oggi in abbandono. Probabilmente, avremmo speso meno. Ricordo, però, quando qualcuno vinceva le elezioni comunali a Villafranca promettendo la realizzazione del “pronto soccorso”. Ricordo quando l’amministrazione comunale si prese più volte il merito di aver voluto la sede Cri accanto alla “casa della salute”, senza nessuno che ricordasse che la proposta era nostra ed era stata fatta proprio nel 2008 all’Asl, che aveva poi trovato i soldi per realizzarla ampliando il progetto originario. Questo per fare un po’ di storia. Ora bisogna dare un senso a quei soldi che sono stati spesi perché indietro non si torna. Se nella nuova struttura metteranno solo quello che oggi è in via Luotto, avremo perso tutti. La riunione del 22 marzo ha costretto l’Asl a confrontarsi in pubblico. Fatto nuovo che è stato possibile grazie alla raccolta di firme. Che l’Asl sia venuta è un merito che va riconosciuto all’attuale direttore Ida Grossi. Sicuramente, l’Asl ha perso l’occasione di dare un resoconto più dettagliato dei costi sostenuti. Avrebbe giovato alla sua immagine. Come le avrebbe giovato una spiegazione chiara sul perché sia stato sciolto, sia pure in modo consensuale, l’appalto per il completamento dell’area affidato lo scorso anno ad una ditta di Mestre e poi rimasto lettera morta. Tuttavia, sarebbe servito in quella serata fare il processo all’Asl? Credo di no. Avremo solo ottenuto il risultato di rendere inutili le proposte contenute nella petizione e di vanificare il dialogo aperto. Dopo che la stessa ha accettato di aprire il cantiere alla gente per vedere dall’interno quello che è stato fatto. Ha preso un impegno chiaro su quando i lavori saranno finiti (ottobre). Ha condiviso che la “casa della salute” potrà servire a ridurre gli accessi inutili al pronto soccorso e l’emigrazione dei pazienti fuori provincia. Ha ascoltato le nostre proposte, che poi, lo ribadisco, sono le richieste raccolte tra la gente con le firme. Non c’è stata chiusura ma disponibilità al confronto. Bisogna recuperare troppi anni di tempo perso. Questa disponibilità è fondamentale. Cosa vuol dire? Ognuno deve fare la sua parte. Non bisogna rimanere passivi. I silenzi nella “speranza che stando buoni qualcosa arriverà” sono inutili. La serata del 22 marzo non ha esaurito la questione. Chi vuole darci una mano si faccia avanti. Se tutto il nord ovest della provincia sarà unito, la partita potrà essere giocata. Non stiamo parlando della “casa della salute” di Villafranca ma di una struttura che deve fare sanità locale per tutto il territorio. Senza inutili campanilismi o la malsana idea che se una cosa la prendi tu, non la prendo io, quindi è meglio che io lavori contro di te affinché tu non la prenda. Noi vogliamo una rete di “case della salute” che facciano sanità a livello locale per tutta la provincia perché crediamo che i servizi fondamentali devono essere vicini al cittadino. Cioè crediamo che tutti debbano avere quegli strumenti che contribuiscono a garantire quel diritto alla salute che sta scritto nella Costituzione.
Noi continueremo a chiedere conto ed a proporre. Raccoglieremo le firme per tutto il mese di aprile. Poi le consegneremo e verificheremo come si evolverà la situazione. Vi terremo informati su ogni fatto di cui verremo a conoscenza.
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QUALI SERVIZI CI SARANNO NELLA STRUTTURA?
Cosa ci metteranno nella “casa della salute”? Su questo punto, l’Asl non ha risposto, dichiarando che oggi non ci sono certezze perché dipenderà dall’approvazione da parte della Regione del programma di attività dell’Asl e dalla conseguente disponibilità di fondi. Sarebbe tutto un “cantiere aperto”. Per cui, è importante che il territorio non commetta l’errore già fatto in questi anni, quando restò passivo, incapace di essere unito e determinato, e non chiese il mantenimento degli impegni assunti dall’Asl con il protocollo di intesa firmato con l’allora Unione Valtriversa.
Garantiti il mantenimento del 118 e gli spazi per la Croce Rossa.
Dalla discussione. è emerso che non verrà messa la mammografia: attività che il Comune aveva dato per certa in più occasioni negli anni scorsi.
Cliccate qui sotto per vedere il materiale portato dall’Asl.
diapositive Asl
LE PROPOSTE CHE L’ASL HA ASCOLTATO GRAZIE ALLE FIRME SULLA PETIZIONE
Ogni volta che si reclamano servizi o miglioramenti, ci raccontano sempre che “non ci sono soldi”. Vogliamo uscire da questa logica perversa? C’è la volontà di sperimentare e innovare? Ad esempio, quanti spazi di miglioramento ci sarebbero mettendo tutti i servizi che operano sul territorio in collaborazione? Servirebbe costringere le amministrazioni pubbliche a lavorare insieme? Sarebbe una grande conquista perché le amministrazioni pubbliche, a tutti i livelli, anche locali, faticano tantissimo a parlarsi. Operano ognuna a prescindere dalle altre. Quindi? La “casa della salute” si integri con gli enti del territorio e con il volontariato. La cittadinanza cosa vorrebbe nella struttura? Lo ha illustrato Daniele Barcaro, usando i dati di un artigianale sondaggio fatto durante la raccolta delle firme che ha confermato le indicazioni contenute nella petizione. Visite specialistiche in tempi contenuti perché se c’è da aspettare troppo la gente si rivolge al privato a pagamento. E se non può permetterselo, non si cura. Orari dei medici più lunghi. Assistenza nelle ore notturne, il sabato e nei giorni festivi. Ambulatorio per le medicazioni. Accompagnamento nella scelta dei percorsi di cura. Vaccinazioni e visite per la patente. Attività di prevenzione ed educazione rivolte, ad esempio, alle scuole e alle situazioni a rischio. Assistenza sociale. A questo proposito, servirebbe definire le competenze, a chi tocca fare cosa e quando, in tutti quei casi dove c’è un problema sanitario ma anche un problema sociale. Perché Asl e Cogesa non affrontano questo tema? Ci sarà uno spazio per il Cogesa nella “casa della salute”? Pensiamo al rischio emarginazione dovuto alla disabilità. E l’Asl non potrebbe aiutare le case di riposo a cambiare il proprio modello di gestione e diventare anche enti erogatori di servizi domiciliari? In cambio, ad esempio, non potrebbe offrire alle case di riposo la garanzia di servizi sanitari per le necessità giornaliere? Aumenterebbero i livelli di sicurezza e potrebbero esserci risparmi. E perché non guardare più in avanti, magari con sperimentazioni avanzate? Le valutazioni sugli anziani da ammettere in casa di riposo con il contributo regionale non potrebbero essere fatte proprio dai medici di famiglia con le professionalità presenti nella “casa della salute”? Forse, le situazioni di bisogno verrebbero valutate da chi le conosce realmente. E far fare le prenotazioni di visite ed esami ai medici di famiglia? Magari con i referti che arrivino direttamente agli stessi? Si eviterebbero ai cittadini perdite di tempo e costi inutili. Siamo nell’era della tecnologia e visto l’avvio della ricetta elettronica non dovrebbe essere così impossibile.
Serve che i medici di famiglia siano coinvolti nel progetto “case della salute”? Si. Comprendiamo che non vogliano lasciare lo studio associato di via Roma. Anche per questo, noi volevamo la “casa della salute” nei locali ex Venturello. Se fosse andata in porto quella soluzione, ci sarebbe stato spazio per loro senza spostarli dal centro del paese, con vantaggi per loro e per la cittadinanza. Ora può essere logico che mantengano il loro studio ma l’apporto costruttivo dei medici è indispensabile ad una “casa della salute” veramente utile in quanto loro conoscono i bisogni del territorio. E ci auguriamo che ci sia effettivamente la buona volontà di tutti su questa strada.
E se l’Asl non riuscisse o non fosse capace di utilizzare per intero i nuovi locali? Secondo noi, meglio affittarli al privato disponibile a fornire servizi sociali e sanitari a prezzi convenzionati. Non lasciamoli vuoti.
Cliccate qui sotto per leggere le tabelle elaborate da Barcaro.
L’intervento di Daniele Barcaro: i dati su cosa pensa la gente
LA “CASA DELLA SALUTE” SERVE VERAMENTE?
Servirebbe una “casa della salute” come spiegata da Damasio e da Barcaro? Noi ne siamo convinti. Le richieste della gente lo confermano. Territori con servizi sanitari e sociali sono più vivibili e più sicuri. I nostri paesi, sparsi sulle colline, non sono come la città dove puoi passare da un ospedale all’altro con qualche minuto sul tram o sul pulman. Sono più complicati, in particolare se sei anziano o disabile. Privi di trasporti pubblici, per spostarti ti devi arrangiare da solo. E affrontare da soli la malattia o il disagio sociale comporta costi sempre più gravosi che possono mettere in difficoltà qualsiasi persona e ogni famiglia in un periodo dove i redditi reali si abbassano. Una “casa della salute” vicina, attrezzata e dove sia possibile trovare personale qualificato è un presidio a garanzia di sicurezza. Ci sono stati risultati concreti nelle situazioni dove una “casa della salute” ha funzionato? Si. Rosa Gai ha fatto qualche ricerca e presentato dati sulla Toscana. Cliccate qui sotto per la sintesi del suo intervento.
Rosa Gai: l’esempio della Toscana
QUANTO E’ COSTATA?
La storia della “casa della salute” a Villafranca è iniziata quasi 10 anni fa. Noi, come gruppo di opposizione in consiglio comunale, avevamo già espresso allora le nostre opinioni. Tanti soldi pubblici spesi per avere ancora nulla. Quanti fino ad ora? E quanti se ne spenderanno ancora? Stando a quanto dichiarato durante la riunione, 2,75 milioni di euro spesi per quanto c’è ora e altri 400 mila euro per finire la struttura. I due edifici hanno una superficie complessiva di circa 1.200 metri quadrati. L’area circostante è di 5.700 metri quadrati. La spesa complessiva è rilevante. Fino ad oggi non ha portato risultati. Problemi sui quali non c’è stata comunicazione dell’Asl nei confronti della cittadinanza ma nemmeno da parte dei Comuni. Ed è ovvio che la cittadinanza non si sia mai sentita coinvolta e percepisca tutto come un colossale spreco. A Villafranca, sul tema si è discusso in consiglio comunale solo grazie alle diverse interrogazioni e alle mozioni presentate dall’opposizione.
IL TEMPO PERSO
Perché 10 anni di ritardo? Lo ha detto bene Ida Grossi: si pagano i cambiamenti di idea del passato. non c’è stata una continuità di orientamento tra l’amministrazione regionale Bresso e la successiva amministrazione Cota. Per chi se lo fosse dimenticato, la prima progettò il sistema delle “case della salute”. La seconda decise per il taglio.
I NUOVI LAVORI
Sono ripartiti i lavori? Sul cantiere sono apparsi nuovi cartelli. L’appalto è stato dato alla ditta Nebiolo Giovanni di Asti, in collaborazione con la ditta Fratelli Baratella di Settimo Torinese. Negli ultimi giorni, la ruspa parcheggiata davanti al complesso, proprio il giorno prima dell’assemblea pubblica, ha iniziato a muoversi. Quali lavori dovranno essere fatti? Il completamento dell’area esterna. Ma c’è un altro lavoro da fare, per il quale l’Asl non ha ancora la certezza dei fondi: il sistema per eliminare le acque di “prima pioggia” da tutta l’area. Su nostra richiesta, ha spiegato il problema in un breve intervento Mauro Pittarelli, tecnico comunale di Villafranca. In sintesi, c’è un progetto per raccogliere l’acqua piovana in una vasca di circa 11 metri per 2,5 che poi verrà pompata in un vecchio tratto di fognatura sotto la ex statale 10 per poi finire nel Triversa. Un problema non previsto dal progetto originario che costerà complessivamente altri 83 mila euro, di cui oltre 40 mila dovrebbero essere a carico dell’Asl. Ma la stessa non ha questi soldi. Quindi? La Grossi ha promesso che il problema non sarà un ostacolo. Un problema derivato, secondo noi, dalla scelta sbagliata del posto che non fu valutata in modo adeguato. Se la struttura fosse stata ricavata nella ex proprietà Venturello avremmo creato un edificio con la potenzialità di fornire una gamma più vasta di servizi, anche per la facile integrazione con la casa di riposo.
Cliccate qui sotto per vedere le tavole del progetto per lo scolo delle acque.
Da quanto abbiamo potuto sapere nei giorni successivi alla riunione, il tema scolo delle acque ha avuto un’evoluzione. Verrebbe risolto con una vasca di dimensioni più contenute in grado di servire solo l’area Asl, i cui costi si ridurrebbero. Quando il privato proprietario dell’area confinante deciderà di costruire il capannone in previsione, e quindi si procederà alla costruzione anche del parcheggio, verrebbe realizzata una seconda vasca di raccolta.
SI POTRA’ VISITARE IL CANTIERE
Potremo vedere il cantiere? Si. La richiesta, contenuta nella petizione, è stata accettata. La Grossi ha promesso che a primavera inoltrata, fra un paio di mesi, a gruppi di non più di venti persone sarà possibile visitare il cantiere accompagnati dai tecnici Asl. Noi l’abbiamo presa in parola e a maggio faremo richiesta di effettuare la visita.
IL FUTURO DI VIA ROMA?
Trasferendo i locali Asl nella “casa della salute”, cosa succederà a via Roma? Il problema è sempre più evidente ed è chiara la mancanza di idee dell’amministrazione comunale al riguardo. E’ comprensibile che qualcuno dica di non togliere lo studio dei medici. Via Roma merita un ragionamento a parte, anche di natura urbanistica. Per ora, limitiamoci a ricordare che, se negli anni novanta venne scelta l’attuale sede di via Luotto per i servizi sanitari, forse c’era anche il tentativo di dare un senso nuovo e diverso alla principale via del paese, visto che la tradizionale vocazione commerciale già allora mostrava di essere in difficoltà sempre maggiori. Quando nel 2006 il Comune decise di portare tutto sulla ex statale, accettò di fatto il declino del centro del paese. Che fine faranno i locali comunali di via Luotto quando l’Asl si sarà trasferita? Locali che saranno vuoti a pochi metri di distanza dagli edifici ex Venturello, comprati con soldi pubblici e anche loro vuoti.