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martedì, 16 Aprile 2024

Cosa possiamo fare per aiutare il nostro territorio a ripartire su basi nuove?

LE SCELTE CHE DIPENDONO DA NOI

Stiamo vivendo un momento molto particolare. Un morbo venuto da lontano che non si vede. Tocca anche a noi quello che fino a poco tempo fa pensavamo potesse capitare solo in zone lontane e arretrate, delle quali, in fondo, non ci importava più di tanto. E’ toccato anche ai nostri paesi. Paura di ammalarsi. Paura per i propri cari. Tutte emozioni giuste. Poi, però, passa più facilmente nelle persone il messaggio che bisogna “riaprire subito” perché interessi economici e comodità fanno più breccia degli inviti alla prudenza. E magari ci sono quelli, per fortuna una minoranza, che fanno la gita fuori porta e se ne vantano su facebook, nella convinzione di essere più furbi.
Stiamo vivendo una crisi che il mondo globale ha portato anche da noi. La supereremo? Si. Ne sono convinto. Qualche segnale positivo sta arrivando. Maggio ci porterà qualche riapertura ma è ancora presto per dire che tutto è finito.  Le attenzioni che in questi giorni stiamo mettendo per evitare il contagio dovranno accompagnarci ancora per del tempo.
Cosa ci insegna questo periodo? Il mondo globale è debole. Conosce solo le logiche del consumo e del massimo profitto. A quale prezzo? Per quelli che vogliono solo guadagnare, il danno sociale e ambientale non importa. Le garanzie e le tutele sono considerate oneri da eliminare per essere competitivi. Le conseguenze? Le abbiamo viste. Impreparazione nell’affrontare l’epidemia, a tutti i livelli. Mancanza di posti in terapia intensiva. Mancanza di strumenti di protezione. Sottovalutazione del problema. Mancanza di medici. Luoghi di lavoro inadeguati.  La fatica nel trovare risorse per consentire a tutti di fare la spesa. Prezzi folli per mascherine, guanti o disinfettante. La pretesa, sostenuta da diversi e accettata passivamente da molti, che bisogna curare solo chi avrebbe più possibilità di farcela perché gli anziani sono sacrificabili. Salvo poi accorgersi e scandalizzarsi dei tanti, troppi, morti nelle case di riposo. Forse perché  gestite da quel finto sociale  “privato” che, approfittando del disimpegno degli enti locali, si è impadronito del settore e cerca solo di guadagnare più che può con il minimo impegno.
Se chi ha governato, destra e sinistra, si fosse ricordato che la salute è un diritto previsto dalla Costituzione? Credo che oggi staremmo meglio. Invece, abbiamo tagliato risorse alla sanità pubblica per 37 miliardi di euro (fonte “il Fatto Quotidiano” del 5 marzo 2020). Lo stesso presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha ammesso che “la criticità più grande è l’assoluta mancanza di una medicina territoriale”.

E IL NOSTRO TERRITORIO?

Non voglio dilungarmi in discorsi generali. Mi limito a ricordare che anche qui da noi, a Villafranca, avremmo dovuto imparare da vicende passate. La “casa della salute”: abbandonata per dieci anni e dimenticata dai Comuni della zona. Venne finita e aperta solo dopo una petizione popolare che raggiunse le mille firme e un confronto pubblico con l’allora direttore generale dell’Asl, lda Grossi, alla quale va ancora oggi il nostro ringraziamento per aver accettato il dialogo con la popolazione. Credo l’unico esempio in tutta la provincia. Ora la casa della salute funziona ma fa molto meno di quello che era stato previsto nel progetto originale del 2006. Perché? L’allora giunta regionale leghista decise di tagliare la sanità sul territorio. Venne anche a dircelo a Villafranca davanti ad un pubblico che applaudiva. Era il 29 aprile 2011, invitando tutti a servirsi della sanità privata. E l’allora sindaco condivise che in sanità bisognava pur tagliare da qualche parte.  Tagli che erano iniziati già anni prima. Vi ricordate quando Villafranca aveva la Guardia Medica? Venne chiusa l’1 settembre 2003 nella totale indifferenza del Comune. A metà degli anni ’90 rischiammo di perdere il “distretto sanitario” che allora stava negli scomodissimi e inadeguati locali di regione Pieve. Perché non avvenne? Grazie all’amministrazione comunale guidata da Giovanni Saracco, scomparso pochi giorni fa, che volle, sola, l’acquisto dei locali di via Luotto. Scelta che consentì al paese di tenere i servizi sanitari,  di dare una sede nuova e migliore alla Croce Rossa e poi di avere il 118. Quegli stessi spazi che vennero aspramente criticati dai successivi governi comunali. Anche l’attuale sede della Croce Rossa, accanto alla “casa della salute”, arriva da una proposta fatta alla Regione da “Villafranca Domani” nel 2008 in una pubblica assemblea. Venne raccolta e furono trovati i soldi per realizzarla, ampliando il progetto originale. Perché ho fatto questi esempi? Per dimostrare che quando il Comune ha saputo guardare avanti con scelte coraggiose, ha saputo immaginare quello che mancava, o quando la popolazione ha saputo mobilitarsi (casa della della salute), i risultati sono arrivati. Una comunità locale può costruire il proprio futuro. Senza aspettare solo regali dall’alto sempre più rari per territori deboli come i nostri. Perché fatti di piccoli paesi. La pandemia ci ha ricordato che abbiamo tutti bisogno di una rete di protezione socio sanitaria basata sulla cultura della prevenzione.  Ma tutto questo non si improvvisa. Ci vuole tempo e voglia di fare scelte precise, con l’obiettivo di far crescere il senso e l’importanza dell’agire collettivo. Cosa si può fare nei nostri paesi?
  • serve un censimento dei bisogni sociali. Bisogna conoscere per decidere. Sempre.  Un compito che dovrebbe assumersi il Comune. Di quali servizi la popolazione ritiene di aver bisogno? Quali necessità ha il sistema scolastico locale? Con quale realtà si confrontano gli insegnanti? Le lezioni a distanza funzionano? In casa, quanti hanno un pc e una connessione adeguata? Le organizzazioni di volontariato e i patronati come percepiscono i cambiamenti sociali in atto? Quali richieste di prestazioni sociali arrivano agli sportelli del consorzio Cogesa? Cosa si aspettano gli imprenditore locali? Cosa pensano gli stranieri? Riescono ad integrarsi? Come stanno i tanti anziani che vivono soli? Che difficoltà incontrano le famiglie? Quali sono le aspettative dei giovani? Tante domande che, se proposte in modo organizzato e capillare, potrebbero consentire di raccogliere dati e informazioni utili per indirizzare l’attività nel nostro paese. Un censimento che potrebbe diventare anche di zona. Basterebbe che più Comuni lo volessero. Se l’avesse fatto, il Comune avrebbe potuto lavorare per tempo su un sistema di protezione utile a raggiungere le situazioni più deboli ed a monitorarle in modo costante. Un modo per essere uniti e fare comunità in senso vero. In pratica, creare una banca dati e tenerla aggiornata per scegliere dove investire. Dati che andrebbero diffusi e spiegati per favorire un dibattito sulle decisioni da prendere. Ovviamente, per fare tutto questo bisogna crederci e volerlo. Le persone sono cambiate negli anni. Penso che nessun amministratore oggi possa dire di conoscere veramente il paese;
  • la casa di riposo Santanera. Potrebbe fornire assistenza domiciliare con personale formato alle famiglie. Ormai, la casa di riposo solo come residenza in struttura non basta più. Serve il sostegno a rimanere a casa. Tante persone lo preferiscono e può costare meno. Qualcuno ha mai cercato di sperimentare un sistema che se occupasse? No. Neanche il Comune che pure avrebbe potuto pensarci, visto che ne nomina il consiglio di amministrazione. L’ente ha un progetto di ampliamento da 40 a 80 posti. Un investimento ancora più rilevante della “casa della salute”. Nascerebbero nuovi posti di lavoro, assai preziosi nella nostra zona. Un investimento che potrebbe portare nuovi servizi a favore dei tanti non autosufficienti e dei disabili. Le persone che sovente non riescono o non possono rimanere a casa. L’ampliamento richiede risorse importanti, circa 3 milioni di euro, che l’Istituto non ha. Villafranca e i Comuni della zona hanno voglia di aiutare il Santanera e investire risorse e competenze in un ente che è il tassello fondamentale di quella rete di protezione sociale che si rivolge all’anziano?  Davanti a questo tema, sul tavolo da tempo, la politica locale fa finta di niente. Anche la nuova amministrazione comunale, ormai in carica da quasi un anno. Il Comune si è mai chiesto di cosa avrebbe bisogno la casa di riposo per fare meglio il proprio lavoro? Si è mai chiesto quali vantaggi ci sarebbero con la gestione diretta del personale da parte dell’ente, eliminando l’inutile intermediazione di manodopera delle cooperative, che si traduce solo in costi aggiuntivi? Si è mai chiesto quanto e cosa potrebbe dare al Santanera per sostenerlo nella prevenzione contro il coronavirus? Non credo proprio. E meno male che fino ad ora non ci sono stati contagi. Grazie alla dedizione di chi vi lavora ogni giorno, con una coscienza che va al di la del semplice dovere di chi porta a casa un modesto stipendio;
  • la polizia municipale. Perderla sarebbe una grave miopia. Ormai, è ridotta ai minimi termini e le due Unioni, la Valtriversa e la Colli del Monferrato, non hanno fatto alcun passo in avanti per ripristinare un servizio di livello adeguato. Quanti controlli sono stati fatti in questi giorni sulle persone che non rispettano le disposizioni di stare a casa? Credo sia evidente a tutti che ne siano stati fatti pochi. I vigili sono presidio del territorio. Possono essere l’occhio attento verso i cambiamenti e le criticità.  Quelle attenzioni che sono fondamentali per prevenire i problemi. Sono anche le forze che agiscono quando serve. Tutti lavori dove servono esperienza e conoscenza;
  • la protezione civile. Quanti investimenti sono stati fatti in questi anni per rafforzare,  ampliare e formare il gruppo locale dei volontari? Nessuno. Vigili e protezione civile, in qualsiasi emergenza, potrebbero essere, con la competenza della Croce Rossa, un sistema integrato che darebbe al Comune, o meglio ad una vera Unione, maggiori capacità di azione e la possibilità di coordinare in modo efficace il contributo del volontariato. In un’emergenza, tutti i componenti di un sistema devono sapere cosa fare e devono essere preparati a farlo. Anche a livello locale, bisogna immaginare scenari e allenarsi ad affrontarli;
  • ripensare gli spazi pubblici. Come abbiamo già detto, oggi la “casa della salute” fa meno di quanto era stato pensato nel progetto originario. La pandemia ha dimostrato l’utilità della medicina territoriale. Sempre troppo spesso si deve andare in ospedale per visite o esami. O semplicemente per avere ausili. Come potenziare le funzioni di questa struttura? Si possono dare più mezzi all’importante ruolo dei medici di medicina generale?  Perché non incrementare i programmi di prevenzione? E le prestazioni specialistiche dedicate agli anziani, anche con una collaborazione organizzata con la casa di riposo? Il Santanera dovrebbe avere un reparto idoneo ad essere di isolamento e spazi in sicurezza per la lunga degenza che sarebbero utili anche per chi anziano non è.  Cosa farà in concreto il “centro famiglie” del Cogesa, spostato in via Luotto? Saprà svolgere un’attività di consultorio e di formazione a favore mamme? Tutti argomenti che meriterebbero un esame approfondito da parte di una politica locale che dovrebbe aprirsi al dialogo con i cittadini. C’è questa sensibilità a Villafranca e nei Comuni della zona? C’è la voglia di arrivare a interventi condivisi da fare direttamente e a richieste da sostenere, uniti, in Asl? La pandemia ci ha insegnato che le strutture pubbliche non devono essere semplici spazi contenitori ma strumenti versatili, progettati e attrezzati per la flessibilità.
  • la rete internet. Nel ripensare gli spazi pubblici, potersi connettere alla rete diventa uno strumento indispensabile che dovrebbe essere facilmente accessibile a tutti. Perché sul nostro territorio la connessione è di mediocre livello? Perché bisogna perdere tempo per fare prenotazioni sanitarie allo sportello e ritirare referti quando si dovrebbe far tutto da casa e gli esiti dovrebbero sempre arrivare sempre al medico curante? Perché non sperimentare la telemedicina, magari proprio in casa di riposo? Quante e quali possibilità di miglioramento ci sono negli uffici comunali?

LA CONSAPEVOLEZZA CRESCE SE LE INFORMAZIONI SONO PUBBLICHE

  • informare in modo diffuso e comprensibile. Mettendo a disposizione dati e progetti. Chi governa ha a disposizione le informazioni. Non sono un suo patrimonio. Sono di tutti e quindi vanno rese pubbliche nel più ampio modo possibile, con l’ovvia eccezione dei dati personali sensibili. Non basta l’albo pretorio sul sito internet comunale, dove le delibere vengono pubblicate spesso in ritardo e sono scritte in modo prolisso e burocratico. Servono dossier a tema scritti per far capire a tutti. Organizzati in percorsi guidati. Perché non trasmettere via internet le sedute dei consigli comunali e dell’Unione? Ma bisogna raggiungere anche chi non usa internet. Sono ancora tante le persone che vanno aiutate a superare questo divario, ormai diventato un ostacolo grave.
  • Il bilancio sociale. Condividere nel merito come vengono impegnati i soldi di cui il Comune dispone, accettando un confronto sui risultati, anche se quelli negativi. Favorire momenti di formazione aperti a tutti per chi vuole capire in modo più approfondito come funzionano il Comune e gli enti sovra comunali con le relative responsabilità.  Aprire alla partecipazione  dal basso con tutti i cittadini. I governi comunali di questi anni hanno sempre visto con notevole fastidio il confronto. Anche l’attuale.

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