LA POLITICA
SIA PARTECIPAZIONE
Vernerdì scorso, 7 marzo, abbiamo organizzato un incontro pubblico dal titolo “Il sonno della ragione genera mostri”. Scopo dell’iniziativa: fare riflessioni sul futuro della politica ricordando quanto la storia può insegnare. Una sessantina di persone hanno seguito con attenzione gli interventi di Mario Renosio, direttore dell’Istituto per la storia della Resistenza della provincia di Asti, e di Maria Antonietta Falco, insegnante in un liceo di Arezzo con un passato di astigiana. Renosio ha ricordato la crisi economica del periodo precedente il secondo conflitto mondiale e la caratteristica, oggi dimenticata, che gli italiani, ed i piemontesi in particolare, sono stati un popolo di emigranti. La professoressa Falco si è soffermata sulla necessità di ridare valore alla politica recuperando la partecipazione di tutti. Entrambi hanno ricordato i pericoli di una politica costruita non sulle idee ma sulla sola figura dei leader, con partiti ridotti a semplici comitati elettorali. Una prima assoluta per Villafranca sono stati Daniele Barcaro e Bruno Mo: hanno introdotto gli argomenti con le canzoni riviste attraverso i loro originali arrangiamenti, che sono piaciuti particolarmente al pubblico (“Dio è morto” e “Auschwitz” di Guccini, “Oltre il ponte” dei Modena City Ramblers e “La Libertà” di Gaber). Fabio Chiavolini ha letto un brano della scrittrice Elsa Morante e ricordato un tragico episodio della Resistenza: la fucilazione della “Banda Tom” a Casale fatta dai fascisti.
Appena avremo a disposizione il materiale utilizzato da Renosio e dalla Falco, lo pubblicheremo su questo spazio. Per ora, inizio con il riportare le considerazioni finali fatte dal sottoscritto e da Alfredo Castaldo.
CASTALDO
Domani è la festa della donna. Facciamo gli auguri a tutte le donne che sono qui stasera ed a quelle che hanno collaborato con noi per realizzare questa manifestazione. Ma non quelli scontati che riducono tutto ad un banale rito che si ripete una volta l’anno e come tutti i riti finisce per essere stanco e vuoto. Vogliamo fare un omaggio al loro lavoro, alla loro pazienza e alla loro dedizione. Lo facciamo ricordando l’esito positivo della più lunga occupazione al femminile di una fabbrica mai avvenuta in Italia: 550 giorni, alla Tacconi sud, ex stabilimento tessile di Latina. È storia di resistenza civile di pochi giorni fa. 29 operaie hanno impedito che i macchinari venissero venduti, favorendo una nuova gestione e la riconversione.
VOLPE
Anche questa storia ci pone una domanda: reagire o rimanere in attesa? Noi crediamo che una società più giusta sia “oltre il ponte”. Che valga la pena di resistere alla deriva per cercare alternative. Non accettare come un fatto scontato la decadenza. Chi può costruire un sistema economico locale capace di mettere insieme gli operatori che lavorano su un territorio e dare un indirizzo alle loro scelte per creare occupazione? Chi può decidere se l’ambiente dove viviamo può rimanere sano e pulito, senza essere sprecato inutilmente? Chi può chiedere legalità e trasparenza alle istituzioni locali? Chi può scegliere se i Comuni, possono darsi un nuovo modello organizzativo, magari fondendo insieme paesi piccoli per risparmiare soldi da destinare ai servizi per le persone? Chi può dare ad un territorio occasioni per fare darsi una cultura che lo tenga unito? Chi può creare una rete di solidarietà locale per dare ai più deboli il giusto sostegno, in modo che nessuno rimanga indietro e che tutti si sentano parte di una sola comunità? Chi può chiedere il rispetto della legalità? Chi può pretendere che gli abitanti di uno stesso territorio abbiano uguali doveri e uguali diritti? Provate a pensarci. Siamo tutti noi, scegliendo di impegnarci.
CASTALDO
Mi sembra già di sentire l’incredulità di alcuni di voi. Come si realizzano le cose che abbiamo accennato? Noi crediamo servano competenza, preparazione, dedizione e voglia di sperimentare. Gli esempi possibili sono tanti.
Sono gli amministratori comunali che decidono se vogliono far lavorare insieme i Comuni, gestendo in un’unica squadra dipendenti, risorse e strutture. Comuni che possono lavorare insieme anche per politiche di zona. Non ditemi che le scelte per il sistema scolastico, per l’assistenza agli anziani o per la ricerca di quale modello di sviluppo dare al territorio si debbano fermare ai confini di Villafranca o Monale. Chissà, magari produttori e commercianti locali messi insieme potrebbero creare reddito e lavoro. Un piano regolatore unico servirebbe per semplificare le regole e dare un ordine omogeneo al territorio, senza sprechi, sovrapposizioni. Serve una classe politica capace di guardare oltre i confini del proprio piccolo paese.
VOLPE
Sono gli amministratori comunali che possono realizzare programmi concreti per il risparmio energetico, a partire dagli edifici pubblici e dalla pubblica illuminazione. Quanta dispersione energetica c’è nei municipi? Credo che tanti sindaci nemmeno lo sappiano. Perché non usare i tetti per i pannelli solari? Perché non usare i led per i lampioni? Che risparmio potrebbe realizzare la Valtriversa producendo e acquistando insieme energia elettrica? Programmi che possono vedere il coinvolgimento attivo di tutta la cittadinanza, con forme di partecipazione e di consulenza, in modo che i benefici diretti siano diffusi e ci siano anche per famiglie e aziende.
CASTALDO
Gli amministratori comunali possono spiegare la Costituzione della Repubblica ai ragazzi, fregandosene se qualche benpensante ritiene che così si “fa politica”. Possono recuperare e divulgare la storia del territorio e delle persone: se si perde la memoria si perde anche la propria identità e la capacità di comprendere il perché delle scelte.
Anche a livello locale si possono fare iniziative a sostegno del reddito dei più deboli: basta guardarsi attorno per vedere quanti lavori di manutenzione potrebbero essere fatti dando un’occasione di impiego temporaneo a persone in cassa integrazione o non hanno i soldi per pagare affitto o tassa rifiuti.
VOLPE
Se accettiamo l’idea che nulla può cambiare, nulla cambierà. E il sonno della ragione lascerà spazio ai mostri. La storia lo ha dimostrato in tante occasioni, in anni più lontani e in tempi recenti, anche vicino a noi. Quale futuro lasciamo ai giovani? Diciamo loro “rassegnatevi”? Sarebbe il fallimento sociale, degno completamento del fallimento di un pezzo importante della classe politica, anche locale, che sulla rassegnazione dei tanti ha sfruttato la propria rendita di posizione da sempre. Certo, per costruire qualcosa di diverso, ci vuole un po’ di coraggio, senza la comoda scusa di essere disponibili ad impegnarsi, a parole, ma di non far nulla perché il risultato non è certo e assicurato.